21. Pulitzer
Recording released on April 14, 2017, a virtuosic song collection unified by its vernacular authenticity and rhythmic dynamism that offers affecting vignettes capturing the complexity of modern African-American life.
Cioè quello che è scritto in merito al premio Pulitzer assegnato a Kendrick Lamar.
Prima o poi ci dovevo arrivare. Al punto in cui si giocavano le carte di quelli famosi, delle icone, dei rapper “che contano” anche per chi non ascolta rap.
Proprio per questo, l’episodio 21 che trovi qui in versione audio (lo so, su Substack è una storia diversa rispetto a quella che ascolti, lo so!) è stato oggetto di “peer review”. Un ringraziamento va a
per il tempo che ha dedicato alla stesura di questo episodio che poi io - siccome in alcuni punti vado a braccio - avrò anche rovinato da qualche parte.Il viaggio dentro la musica di Kendrick Lamar è il viaggio dentro l’America. C’è poco da fare, e dentro un’America nera, nerissima.
Il rapper preferito (forse) da Barack Obama, il rapper che ha un premio Pulitzer, il rapper che vuole ridare il rispetto che crede dovuto a Tupac e per farlo non ha nessuna pietà contro un collega (o presunto collega) canadese quale Drake. Il rapper che al prossimo Super Bowl sarà al centro della scena con l’Halftime Show.
Tanta roba, sì, è vero, ma ancora più carico è il messaggio di Lamar. Una cronaca e una speranza, come nella breve clip audio dell’episodio presa da una sua intervista concessa a Zane Lowe.
Su e di Kendrick Lamar hanno scritto in tanti, forse in troppi, molti a sproposito.
L’argomento Lamar è complesso, spigoloso, non è privo di contraddizioni, è l’argomento dell’hip hop, l’argomento uomo, l’argomento America.
Non è da ridurre o da semplificare.
E grosso modo quello che racconto a parole di là posso riassumerlo così:
Traendo ispirazione dai movimenti sociali come Black Lives Matter, Lamar usa la sua musica per riflettere sull'esperienza nera in America e affrontare le disuguaglianze, il tutto attraverso una narrazione potente e sfumature musicali che rendono ogni album un’esperienza unica.
L’approfondimento su "To Pimp a Butterfly" illustra il legame dell'album con la tradizione musicale black e ne esalta la complessità strutturale, che accoglie jazz, funk e soul, unendo alla musica un messaggio sociopolitico che riecheggia i temi della lotta contro l’oppressione. Più avanti "Mr. Morale & The Big Steppers" rappresenta un’evoluzione che Lamar percorre con una consapevolezza sempre più intima e complessa, esplorando conflitti interni e sfide collettive attraverso una narrativa psicologica.
Nel contesto politico, il parallelo tra la presidenza Obama e l'ascesa di Donald Trump riflette un cambiamento profondo nella società americana. Obama, con il suo messaggio di speranza e inclusione, incarnava per molti la possibilità di un nuovo inizio, sebbene le sue decisioni non siano sempre riuscite a rispondere alle aspettative di un cambiamento radicale, specialmente in ambito sociale e razziale. La frustrazione per le promesse non del tutto realizzate ha favorito l'ascesa di Trump, che si è presentato come una figura esterna alla politica tradizionale, in grado di attrarre elettori alienati dalla presidenza Obama.
Lamar, assieme ad altri rapper, sembra riflettere questo cambiamento sociale. Nel suo lavoro, come in "DAMN." e nel più recente "Mr. Morale & The Big Steppers", l'artista offre una prospettiva critica sulla moralità americana, esprimendo le contraddizioni della società attraverso un linguaggio musicale che fonde introspezione personale e denuncia sociale. La sua musica è dunque non solo un racconto personale, ma anche un’analisi di una nazione in lotta con sé stessa, specchio delle tensioni che attraversano l’America moderna.
Il testo riflette infine sull'hip-hop come un genere che ha trascorso decenni a oscillare tra celebrazione e protesta, oggi più che mai caratterizzato da un ritorno alla vulnerabilità e alla sincerità. In Lamar, il rap diventa una lente per esplorare l’interiorità, suggerendo che il genere sta evolvendo verso una dimensione psicologica e riflessiva, rappresentando una generazione che cerca di riconciliare l’identità personale con le pressioni della società.
Questa esplorazione del rap in chiave contemporanea, attraversando lo sviluppo del genere e la complessità del panorama politico americano, offre una visione del rap come spazio di ricerca e verità, privo di soluzioni semplici, capace di rispecchiare la complessità dell'America moderna.
Non ho pensieri decenti, da poter scrivere, con un vero senso compiuto sul risultato delle elezioni americane. Sicuramente non sono tra quelli che festeggiano ma nemmeno tra quelli che si siedono tristi perché le cose non sono andate secondo i loro desideri. Mi interessa capire come mai, come possa essere successo, cosa possa aver fatto ripartire la giostra in questo modo.
Sono rimasto colpito da un articolo del Guardian, che non è americano, e sulla sua chiusura:
As Oscar Wilde never said, to elect Trump once may be regarded as a misfortune; to elect him twice looks like craziness.
La crepa tra le due Americhe rischia di diventare ancora più grande e profonda. E non parlo solo di hip hop o di bianchi vs tutte le minoranze.
Questo grafico Via threads dall’account di Ebro Darden riassume la situazione dei numeri. Ci sono considerazioni da fare, senza dubbio, ma forse non è il caso di farle qui (sicuramente domani qualcuno pubblicherà un discorso più sensato e meno sanguigno di quello che potrei fare io) o sui social. Forse è il caso di incominciare a farle seriamente nelle nostre vite di tutti i giorni.
Credo ci possano essere quattro anni di tempo.
Questa volta poteva essere un ottimo inizio per una nuova era.
Non è stato così.
E credo seriamente che abbiamo perso tutti.
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